lunedì 27 giugno 2011

Marine di Nardò: spiagge e regolamenti affidati al 'fai da te'

Parola d’ordine: turismo. Ce lo ripetiamo ormai da troppo tempo ma di concreto non percepiamo nulla. E’ vero che l’instituzione del Parco di Portoselvaggio e le cinque vele che ci siamo aggiudicato più di una volta hanno di fatto dato una sferzata all’andamento ma poi per tutto il resto non si vede la luce. Spiagge, ordine nelle località marinare, controllo dei B&B, pulizia ed igiene urbana, rispetto della legalità continuano ad essere delle chimere mentre quando parliamo di turismo pensiamo si debba sognare chissà quale mega progetto strutturale o di marketing. E’ vero che bisogna pure pensare alla grande e gettare le basi per uno vero e sano sviluppo turistico ma cosa facciamo per quello che già abbiamo e che risulta la risorsa concreta su cui possiamo contare da subito?




 Santa Maria al Bagno. Nardò, con 20 km di coste, ancora attende il famoso piano spiagge che dovrebbe sbloccare i tanto agognati stabilimenti balneari ma se questo ‘ritardo’ potrà servire ad iniziare col piede giusto ben venga, se lo sfruttamento delle coste dovrà rispettare seri e precisi canoni di insediamento. Intanto le stagioni arrivano e passano.

Quest’anno ci ritroviamo senza un’amministrazione pronta ad affrontare le problematiche solite ma in tempo per gettare le basi di nuovi metodi.

Su 20 Km di coste possiamo contare su pochissime spiagge in arenile. Una di queste, la più popolare oltre che la più suggestiva, che fa da balcone all’abitato della frazione marina più popolosa di Nardò, è quella di Santa Maria.

Basta guardarsi intorno per vedere come la cura igienica lasci a desiderare. Non parliamo della spiaggia vera e propria ma di tutto il comprensorio. Sulla spiaggia poi tutta una serie di contraddizioni che agli occhi di un turista non potrebbero sfuggire. Un cartello quanto una casa fa divieto al gioco del pallone ma per poco non viene usato anche questo come palo della porta nelle continue partite che s’imbastiscono fra bagnanti. Racchette e pallavolo, tiri al pallone che una volta si definivano ‘scannonate’ fanno apparire quel piccolo tratto di paradiso come una palestra di agonisti forsennati, incuranti dell’incolumità degli altri bagnanti che sono lì solo per tuffarsi nell’acqua e dei bambini che potrebbero essere tramortiti da qualche performance sportiva. Il bagnino che gestisce la concessione degli ombrelloni privati (e degli spazi concessi anche a barche pedalò e corridoi di accesso per più della metà della spiaggia) qualche volta interviene sui bagnanti che scambiano l’arenile per un’arena, ma lo fa solo per farli spostare di qualche metro fuori dal corridoio di mare prospiciente la concessione di ombrelloni. Ci sarebbero tante cose da ripensare tutt’intorno, a cominciare dall’abbattimento di quelle cabine inutili e mostruose. Per passare poi alla trasformazione di quel chiosco in cemento che dovrebbe essere riconvertito in qualcosa di amovibile come previsto dalla nuova sensibilità ambientalista di tutela delle coste. Senza parlare poi dei piloni in cemento creati a protezione dal vento che non hanno alcuna funzione, data l’erronea posizione nella quale sono stati gettati con il consiglio tecnico di qualche demente. Tutti interventi che con la stagione di quest’anno non potrebbero avere nulla a che fare.Nell’immediato, invece, si può fare molto. A cominciare dalla vigilanza per il rispetto delle norme che regolano la balneazione. Basterebbero una decina di giorni di assidui controlli e sanzioni per mettere fine ad ogni intraprendenza alla violazione delle leggi, presente e futura.



 Sulla spiaggia di Santa Caterina poi basterebbe una pulizia dalle pietre che rendono impraticabile il luogo secondo le esigenze dei tipici frequentatori della spiaggia. Ripulire dai massi almeno per un tratto di venti metri dalla banchiglia non dovrebbe creare tutto questo scompenso all’habitat marino, specie se si riposizionano un po’ più in profondità. Come non risulterebbe una grande offesa all’habitat, creare una barriera artificiale sottomarina a contenere la risalita dei sassi verso riva durante le mareggiate. Se ci allarmiamo per l’erosione della costa l’intervento dovrebbe essere considerato anche in questo senso e, per questo, si potrebbe attingere ai finanziamenti previsti dalla Regione, salvo prima risolvere la contraddizione di una spiaggia di bagnanti e un circolo nautico privato all’interno di uno specchio ad attività portuale. Una barriera sottomarina, per quanto visibilmente oltraggiosa delle condizioni naturali, ci metterebbe pochissimi anni a trasformarsi in nicchia ecologica, così come avviene su tutti i grandi relitti nel mare.





 Sulla spiaggia di Sant’Isidoro, oltre che l’intervento di una task force allargata e di qualche Procura agguerrita a ripristinare lo stato precedente all'immane violenza cementizia perpetuata negli anni, altro non si potrebbe invocare. Anche se, nel frattempo, i vigili urbani di Nardò e i militari della Capitaneria di Porto di Gallipoli, giusto per non farci sentire proprio cittadini della Repubblica delle banane, potrebbero far rispettare i minimi dettami di regolamento, come la proporzionalità delle concessioni private rispetto alle dimensioni totali della spiaggia; le distanze dei lettini dalla banchina e il rispetto dei corridoi liberi che, invece, sono spesso occupati da qualche espediente che impedisce la ‘costituzionale’ passeggiata sulla libera riva (espediente spesso costituito da qualche barca di salvataggio, finti tavolini per le prenotazioni, canotti e materassini ammassati, sdraio e lettini impilati ad ostacolare il passaggio, ecc).



Per il resto ci vorrebbe un’azione più approfondita e realmente volenterosa di incanalare lo sviluppo turistico secondo una specializzazione che ancora non abbiamo neanche identificato. Ma per questo, come per gli interventi immediati, attendiamo numi dal nuovo Governo Risi.