mercoledì 19 novembre 2008

Primo pugno nell’occhio nel nuovo centrostorico



Chi si aspettava che il centro storico di Nardò, con la ribasolatura e la riqualificazione, dovesse finalmente tornare agli antichi splendori, cominci a rassegnarsi all’andazzo che già fa capolino, prima ancora che s’intraveda la luce.
Finora si è avvertita solo una diffusa delusione per quanto ci si aspettava dal riposizionamento dei basoli e per quello che, invece, si comincia a vedere: basoli rimpiccioliti, posizionati alla rinfusa e senza rispettare la preesistente situazione, fughe di cemento troppo evidenti, assetto poco confortevole al passo e chi ne ha più ne metta, sono state, finora, le critiche sollevatesi da più parti.
Unica eccezione allo smisurato senso critico di cui (grazie a Dio) i nostri concittadini sono dotati, è stata la ristrutturazione di Corso Garibaldi (la strada della posta centrale). Appena riaperto alla circolazione, Corso Garibaldi si è mostrato in tutta la sua inimmaginabile bellezza, sia nella perfezione del posizionamento dei basoli, nella cura dei margini delle aiuole, nei bellissimi ed azzeccati lampioni e nella perfetta suddivisione fra area carreggiabile e marciapiedi. Di tutto si potrà discutere ma di Corso Garibaldi no! Ma neanche a dirlo e subito bisogna ricredersi anche sull’unica eccezione.
Questa volta non per questioni di regola d’arte ma per le solite violenze al buon gusto. Non abbiamo fatto in tempo neanche a goderci quello scorcio di avvio al centro storico che subito sono partiti i pugni nell’occhio.
Un esercizio commerciale ha pensato bene di posizionare alcune sedie e tavolini all’esterno, sul corso appena riaperto. I tavolini e le sedie in materiale plastico (peraltro di un colore Hi-tech che si potrebbe intonare solo nel padiglione disney di Gardaland) occupano completamente lo spazio adibito al passaggio sul marciapiede destro, sul tratto iniziale, da Piazza Umberto I verso la posta centrale.
Non ha certo colpa il gestore del locale che non è dovuto alla conoscenza e alla sensibilità storico-architettonica che ha motivato, fin qui, la riqualificazione del centro storico.
E’ semplicemente vergognoso che qualcuno lo abbia autorizzato (se lo ha autorizzato).
E’ vergognoso, secondo lo stesso regolamento che disciplina questo tipo di strutture nel centro storico e che recita all’art. 4 capo I, lett.D, : “... l'occupazione non dovrà superare la metà del portico c/o gallerie, e comunque dovrà essere lasciato uno spazio libero al transito pedonale di almeno mt. 1.80”. … e all’art.7 capo I: “Nella zona del centro storico i tavoli, le sedie c/o sgabelli devono essere di metallo (ferro, leghe derivate), legno o vimini. Il colore dei tavoli, delle sedie e degli sgabelli deve essere in sintonia con l’ambiente circostante”.
E siccome intorno non vi sono templi Hare Krishna ma ben due chiese cattoliche barocche, non si riesce proprio a trovare alcuna armonia “con l’ambiente circostante”. Se poi qualcuno ha voluto considerare il luogo dell’esercizio commerciale come al di fuori delle mura del centro storico, dovrebbe riuscire a giustificare la riqualificazione del basolato fino a quel punto, se non dovesse ricadere nell’ambito della riqualificazione finanziata (solo per il centro storico).
Abbiamo atteso tanto questa riqualificazione e siamo grati a tutti quelli che l’hanno resa possibile ma non saremo disposti a girarci dall’altra parte se qualcuno pensa di poter gestire le autorizzazioni con la superficialità e l’insensibilità dimostrata in questo caso.
Se poi il gestore non è stato autorizzato da nessuno la cosa è ancora più grave, perché dà la misura di come si possa fare ciò che si vuole, senza che alcuno intervenga immediatamente. E questo non a scopo meramente repressivo ma a tutela degli stessi commercianti del centro storico, dell’auspicabile sviluppo turistico e della conservazione, promozione e rispetto della magnifica storia architettonica che dobbiamo saper preservare da ogni istinto accomodante e approssimativo che altro non potrà sortire che la mortificazione di ogni sforzo riqualificante. (ap).

mercoledì 12 novembre 2008

Mio nonno (paraisu) li chiamerebbe “Mbaccafeddrhe”

Riportiamo la risposta di Fernando Pero all'opinione della settimana, invitando i lettori ad usare questo blog de il Pittacino per evitare di far diventare troppo lunga la finestra opinioni del sito.
Innanzitutto grazie per aver accolto la mia/nostra richiesta.
Leggendo la risposta però mi accorgo di alcune imperfezioni.
Alcune oggettive e quindi inconfutabili perché dati di fatto, altre personali e quindi opinabili.
Mi spiego: la lettera dell’utopista senza bava, con tutti i denti, docciato, pallido ma unto dal signore e in preda ai conati di vomito è abbastanza chiara: lui non c’era a Sogliano. Alla pari di molti si è fidato dell’articolo del giornale. Lui immagina, lui è anonimo, lui non è presente, ma è sufficiente a fargli trovare spazio nei portali internet cittadini, pur dichiarando cose gravissime. Caro Angelo, lui non era lì, lui non ha ascoltato alcun coro razzista. Quel coro razzista glielo ha passato il giornale. Quindi puro vangelo.
Pur non essendo addentro ai meccanismi di questo mondo, io colgo la complicità nel momento in cui la notizia viene postata. Non ve ne sto facendo una colpa. Dico che è un sistema poco corretto dal punto di vista dell’etica. Possibile che nessuno possa mettere in discussione un argomento così scottante ed ascoltare l’altra campana? Va bè, è un discorso troppo ampio.
Il sindaco per il ruolo che riveste fa bene a stigmatizzare l’accaduto, ci mancherebbe altro, ma a margine del comunicato scrivere di riservarsi di conoscere a fondo gli accadimenti proprio no?
Altra considerazione: scrivi che non ci siamo fatti vivi col Pittacino per smentire.
Caro Angelo: l’articolo è uscito sulla gazzetta del mezzogiorno il Lunedì mattina, con già le smentite dell’addetto stampa della Nuova Nardò calcio Sig. Antonio Obbiettivo. Il tempo di leggere e di preparare il comunicato come tifosi e divulgarlo nella stessa giornata.
Come può prodursi il silenzio assenso? Come potevamo già prendere le distanze sul giornale il lunedì mattina?
Perché dovevamo farci vivi col Pittacino? Forse siamo stati interpellati la prima volta?
Quelle stesse fonti (internet e tv) dalle quali avete attinto la prima notizia, perché alla smentita sono state ignorate?
Diciamo la verità: le smentite dei bavosi, scangati, sudati e paonazzi sono un “trunetto” di fronte alla “bomba tomica” del razzismo. Per intenderci: sono sicuro che il Pittacino non ci guarda con quell’abito, ma purtroppo ci sono tanti utopisti, ed io aggiungo primi veri razzisti.
Quanta ipocrisia nella mia povera Nardò.
Sai quanti (riferito ai lettori non a te) accendini ho a casa pur non essendo un fumatore? Li compro per dare l’opportunità a tutti i senegalesi e commercianti africani che entrano nel Club Fedelissimi di comprarsi un pezzo di pane. Sai quanti soci si comportano come me? Quasi tutti! Ed un caffè ed una bibita sono il minimo contorno.
Non dovrei dirlo per la dignità della persona, ma chiedo scusa se lo faccio perché gli eventi ci hanno travolto. Racconto di un fatto che riguarda un ragazzo senegalese habitué del Club Fedelissimi, guarda caso anche lui Mamadou di nome. Ebbene l’anno scorso è diventato padre di una bella bambina, ma la moglie era a Dakar e non aveva la possibilità di andarla a trovare.
Al Club Fedelissimi facemmo una colletta per pagargli il biglietto d’aereo. Ci ringraziò con le lacrime agli occhi.
DOVEVAMO FARE L’ARTICOLO E MANDARLO ALLA GAZZETTA?
Potevamo farlo, ma il nostro cuore è grande quanto la nostra umiltà e il nostro senso di accoglienza, che la stampa voglia crederci o no. E nel nostro cuore c’è un bene per questa città che gli ipocriti utopisti neanche immaginano. Caro Angelo noi non siamo compari di questa gente.
Mamadou i giorni che ci viene a trovare ha un sorriso da un orecchio all’altro. Poco ci manca che gli consegniamo le chiavi del sodalizio.
Un ultima considerazione: mi sono permesso di avere una considerazione di basso profilo sul giornalista anonimo autore dell’articolo perché mi piace filtrare quanto leggo attraverso l’intelletto e il senso critico, cosa che purtroppo molti non fanno e ahimè fra loro molti miei concittadini.
Mio nonno (paraisu) li chiamerebbe “Mbaccafeddrhe”. Questo lo sconcerto per questo caso sgonfiato. Ma come dice lei caro Angelo, c’è chi su questo passaggio ha costruito un impero.
Meditate gente, meditate…
Fernando Pero

Cori razzisti e stampa becera

“Anche voi alla stessa stregua delle altre testate giornalistiche. Francamente per me è una delusione per la stima che nutro per il pittacino. Articoli postati per sentito dire senza la necessaria documentazione dei fatti. Oggetto: cori razzisti allo stadio. Innanzi tutto è successo a Sogliano e non a Nardò. Poi date spazio ad un lettore anonimo e vaneggiante piuttosto che sentire le parti in causa, cioè Nardò calcio e tifoseria, entrambi rintracciabili in cotanta sede, e ad un sindaco superficiale che non si è neanche informato dei fatti”.
Proposta:
Nella rubrica "opinione della settimana" propongo di trattare il tema del giornalismo anonimo, superficiale ed arruffone come quello fatto dal giornalista della gazzetta del Mezzogiorno che ha scatenato un putiferio mediatico e gettato fango gratuito addosso alla città aggrappandosi ad uno scoop di argilla. Il razzismo fa "audience" prova ne sia il risalto data alla vicenda, poco importa se a scapito di una tifoseria sempre corretta e molto vicina alla città(feste patronali, cuore amico etc.etc). I veri razzisti sono le persone come l'utopista che scrivono articoli del cavolo.Per non parlare del nostro sindaco che è andato dietro al polverone senza nemmeno documentarsi. E purtroppo il Pittacino non è uscito fuori dal coro.
Con intatta stima e con il desiderio di cui sopra.
Fernando Pero e la tifoseria del Nardò tutta.

Accogliamo la sua proposta e apriamo le danze.
Pare che allo stadio di Sogliano domenica scorsa non ci sia stato alcun coro razzista. Ben due giorni dopo, apprendiamo dalla tifoseria neretina che è stata tutta una montatura dei mass media.
Di questa montatura saremmo rimasti vittima anche noi de il Pittacino che abbiamo riportato l’articolo con cui il sindaco di Nardò stigmatizzava l’accaduto e quello di un semplice tifoso che, a suo dire, era lì durante la partita e voleva dimostrare la sua condanna ai cori razzisti.
Se così è stato, noi non abbiamo problemi a fare ammenda delle nostre responsabilità, anche se, risulta veramente difficile trovare un motivo di complicità in una vicenda giornalistica che non abbiamo neanche sfiorato. Riportare in quel momento la voce del sindaco di Nardò dopo tutto il putiferio che era scoppiato su giornali e Tv, è apparso doveroso e indispensabile a salvaguardare la dignità dell’intera cittadinanza messa alla berlina, a prescindere dalla verità dei fatti.
E’ vero che allo stadio non c’eravamo ma tutta la “montatura” del caso sembrava più che sufficiente per dare spazio alla doverosa reazione del sindaco e del tifoso, anche perché, fino a oggi, Martedì 11 ore 17.02, nessuno della tifoseria si era fatto vivo (almeno con noi) per smentire i fantomatici cori. Quindi, se c’è un vero responsabile in tutto questo, è colui che avrebbe dovuto dare, con la stessa diligenza che sta usando oggi, la smentita all’articolo apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno di lunedì.
Noi, invece, caro sig. Fernando Pero, altro non avevamo che il dovere di dare la possibilità al primo cittadino, che rappresenta tutti noi, di prendere le distanze da quelle manifestazioni razziste che coinvolgevano l’intera città, nonostante l’estraneità ai fatti contestati.
Purtroppo o per fortuna, caro amico Fernando, l’informazione a volte non è così semplificata come la vuol vedere lei. Nella fretta moderna la notizia che si legge subito è quella che passa per verità, anche se dopo ci saranno mille smentite. La tempestività la gioca da padrona (e c’è chi ha costruito un impero su questa velocità e superficialità informativa).
Chi conosce questi meccanismi sa anche come contrastarli, intervenendo, intanto, col tappare la falla più grande che si è creata, impedendo, nel nostro caso, che un’intera città faccia la figura di razzista mentre prende una medaglia d’oro proprio per l’accoglienza. Se permette, questa era la prima e più importante cosa da fare, per contrastare immediatamente, quella messinscena mediatica che lei dice essere stata montata dal giornalista della Gazzetta.
Quindi, bisognava subito ostacolare la figura di razzisti che stavamo facendo: ed ha fatto bene il sindaco a scagliarsi immediatamente contro; sarà servito, anche se i cori non ci sono mai stati, a far capire come la pensiamo a tutti quelli che hanno letto la Gazzetta del Mezzogiorno.
Un tifoso che ci ha scritto si è dissociato stigmatizzando il comportamento dei suoi compari: e questo avvalorava la veridicità di quanto veniva contestato alla tifoseria neretina.
Un dirigente della squadra avversaria confermava tutto quello che l’articolo riportava.
La tifoseria neretina restava, nel frattempo, senza parole, facendo appellare il lettore (e anche noi) a quello che, anche nella pratica giuridica, viene definito ‘silenzio-assenso’.
Inoltre, considerata la complessità della vicenda e la difficoltà di appurare la veridicità dei fatti (che, come vede, pare si chiariscano solo ora), lei avrebbe fatto meglio ad astenersi dal dare giudizi su campi diversi da quello verde del pallone, perché in quest’altro campo, le assicuro, i colori sono tanti e tali che neanche gli addetti ai lavori spesso riescono a trovare la tavolozza giusta: immaginiamoci chi si fa incastrare in una vicenda di razzismo pur essendo incolpevole. (Angelo Papadia)