mercoledì 24 marzo 2010

Che fine ha fatto la campagna elettorale?


Non c’è limite alle sorprese che i nostri politici ci riservano. Contro ogni aspettativa che voleva questa campagna elettorale più calda del solito, tutto sembra svolgersi in maniera pacata, quasi sonnecchiante. Cosa succede? Niente di allarmante. Più semplicemente, i candidati sono approdati alle nuove forme di risparmio ‘energetico’. Perché sgolarsi tanto in piazza a fare comizi, o spendere un sacco di soldi in stampe, manifesti e gadget, incontrare gente e confrontarsi in pubblico, quando si può manovrare la nuova tecnica dell’approccio pseudo-diretto? E’ vero che ci manca tanto il vecchio carrozzone elettorale, pittoresco e baroccheggiante, che faceva respirare l’aria dell’evento consultivo ma, alla fine, avremmo risparmiato in carte, cartacce, lettere, volantini e quant’altro infestava le strade cittadine. Con le dovute piccole eccezioni, sia chiaro: quelle che non perdono mai occasione per distinguersi… in negativo.


In questa campagna i candidati sembrano defilati dietro le quinte, nessuno parla, battibecca o si confronta. Quasi tutti hanno affidato la loro sponsorizzazione a telefoniste gentili che propongono in maniera tanto educata il beniamino di turno da farci dimenticare persino la violenza intrusiva e fastidiosa di essere raggiunti in casa senza previa autorizzazione. Se tanto non dovesse bastare a svelare la mentalità di chi si propone alla rappresentanza politica, c’è poi il solito ‘porta a porta’ verso chi soffre di memoria corta.

La vera novità, però, consiste nell’assemblaggio di gruppi di voti: quelli ‘a pacchetto’. Per cercare il colpaccio regionale non si può certo confidare nel singolo voto del cliente-parente. E contro ogni classica regola che indottrinava sui voti che vanno presi ad uno ad uno, si delega tutto al ‘garante del pacchetto’, che può essere una corrente politica, un sindacato di zona, qualche cooperativa ‘favorita’ o un qualsiasi gruppo d’interessi finanziari vari. E qui che si concentrano le energie dei candidati: alle suppellettili ci pensano i galoppini. Tanto, quanto più si evitano le promesse dirette meglio è, e meno imbarazzo si crea. Hanno capito che possono fare di tutto, mentre noi sonnecchiamo svogliati e convinti che nulla di tutto questo ci riguardi poi tanto. Salvo risvegliarci dallo sbiadito sogno per ritrovarci nel solito reale incubo, aspettando che sia la Magistratura a fare il suo mestiere, la Politica ad auto-depurarsi per incanto, la Selezione a setacciare una rappresentanza di qualità. E che gli asini comincino a volare. Purchè sia sempre qualcun altro diverso da ognuno di noi ad innescare tutto quello che, puntualmente, deleghiamo a chi non può cambiare nulla, senza che ogni cittadino lo decida veramente e sinceramente.(ap)